‘Era il grullo del paese’ è il libro di Luigi Recami edito da Vertigo Edizioni.
Un romanzo divertente, in cui all’umorismo si affianca la generosità nelle descrizioni, in cui i sottintesi si nutrono di giochi di parole e doppi sensi. Si legge tutto d’un fiato … e tutto d’un fiato si legge anche l’intervista che, virtualmente, noi di Vertigo Edizioni abbiamo realizzato all’autore, per conoscere meglio lui e i retroscena del suo libro.
Riportiamo di seguito l’intervista a Luigi Recami.
Nel suo romanzo l’ipocrisia sembra muovere il mondo …. è davvero così?
Non è una novità che nel mondo l’ipocrisia, da un lato, e l’arroganza, dall’altro, la facciano da padrone. L’ipocrisia è l’arma di chi non vuol mettersi in gioco e fronteggia gli attacchi cercando vie traverse e più subdole. Da qui calunnie e distorsioni della verità per tirarla dalla propria parte. Il mio racconto è ambientato in un borgo, decisamente il contesto ideale per il diffondersi a macchia d’olio di pettegolezzi, sguardi e frasi indiscrete. E quale migliore occasione, quale più ghiotta opportunità per scagliarsi ventre terra contro il grullo del paese, se non quella offerta da un abbaglio in cui il gonzo cade a causa della sua ignoranza? Però nel mio caso non è tanto questione di ipocrisia quanto di ironia e prese in giro, che presto però si trasformano in prevaricazioni. E c’è un motivo: i dirigenti di una cooperativa avevano truffato i soci e quando il padre del protagonista, uomo integerrimo, ne svela nomi e responsabilità, gli arrestati e i loro parenti se la legano al dito e si vendicano, trasformando quello che doveva essere un bonario passatempo, fatto di battute e scherzi a un sempliciotto, in un reiterato massacro psicologico. Dal quale lui e la moglie si liberano non ripagando gli avversari con la stessa moneta (confronto, del resto, impari) ma cercando il miglioramento del loro status umano e sociale attraverso la lettura e l’impegno culturale, e soprattutto affidandosi al corroborante, visionario e ancestrale intervento della madre terra, che trasformerà in modo iperbolico e meraviglioso la loro esistenza.
Come ha scelto il titolo del libro?
Mi è venuto piuttosto facile e quasi istintivo: tutto ruota intorno a una classica, storica figura che è non è mai mancata nella letteratura italiana e credo anche mondiale: lo sciocco, il ritardato, il credulone delle piccole comunità ha sempre trovato una naturale e affettuosa accoglienza nel pubblico dei lettori. Primo, perché è inevitabilmente in lui che molti si rivedono e sentono giustificate e confortate le loro personalità non proprio esaltanti; secondo, poiché spesso la partenza declassata e misera di quei poveracci è la premessa, nell’evolversi della trama, del loro riscatto. E’ stata quest’ultima opzione che mi ha stimolato, generando in me il desiderio di valorizzare, se non di glorificare, la parabola esistenziale di personaggi poveri di tutto: cultura, ambizione, riconoscimenti, e dimostrare che quando c’è farina buona nel sacco – farina fino ad allora vilipesa e sopraffatta dal gioco ingeneroso e perverso degli eventi – il tempo galantuomo farà giustizia. E così avviene per Gosto, uno che dava del lei a quasi tutti i paesani, ricevendone un tu semplicemente ingiusto, se non sprezzante, e poi si ritroverà ad essere insignito delle più prestigiose onorificenze mondiali!
Ha sempre amato scrivere o ha iniziato in un momento particolare della sua vita?
Da giovane leggevo parecchio, ma alla rinfusa, senza un programma, con un criterio che non poteva fornirmi una cultura valida. Facevo i miei bravi temi a scuola, ovviamente andavo maluccio a matematica, vista la mia scarsa propensione alle scienze esatte (da me però disperatamente apprezzate e invidiate!), ma dopo aver affrontato il liceo classico lo abbandonai, per motivi di salute; ricominciai dal liceo artistico e poi proseguii con l’Accademia di Belle Arti. Ecco in breve i miei trascorsi di studio, che mi hanno portato ad avere più dimestichezza con i pennelli e i colori piuttosto che con la letteratura. Ma era solo questione di tempo. Quando sono andato in pensione e ho voluto riprendere i contatti con qualcosa che mi riportasse alle origini, ho preferito però la poesia e la narrativa alla pittura. Ma ritengo di essere primariamente uno che si esprime in versi, e le mie due performances, “Era il grullo del paese…” e una prossima raccolta di storie brevi, le considero esperienze episodiche, quasi incursioni estemporanee in un mondo che non sento “squisitamente” mio. Ad esse seguirà infatti una silloge con tutte le poesie da me composte dal 2010 in poi.
Cosa le piacerebbe sentirsi dire dai lettori?
Una splendida domanda, ma anche una domanda… trabocchetto! Non risponderò che mi aspetto sviolinature e miriadi di complimenti, bensì, come ho precisato nell’introduzione della mia futura raccolta di poesie, semplicemente questo: vorrei lasciare una traccia in chi legge, bella o brutta che sia. Il peggior destino di uno scrittore è quello di scivolar via anonimo. L’aver suscitato riflessioni, non importa se negative, o esilaranti, o lugubri, o filosofiche, sarà la più probante dimostrazione che ne è valsa la pena. Io credo che non si crei nulla a questo mondo, si possono solo fare rivisitazioni, cogliendo e risvegliando nell’animo delle persone sensazioni, che a loro volta generano emozioni. L’essere umano è più colto interiormente di quanto si pensi e le uniche novità che apprezza non sono quelle che pretendono di educarlo, ma solo emozionarlo. Chi ci riesce è come una furba e gentile prostituta che mette a suo agio il cliente, senza la pretesa di escogitare incredibili e stregonesche procedure per portarlo all’empireo del godimento. Così deve fare lo scrittore: dire al lettore quello che lui sa già, ma dirlo bene. Il che non è comunque uno scherzo, anzi è difficilissimo.
Sta già lavorando a un altro libro dopo ‘Il grullo del paese’?
Come ho già accennato, ho in programma una serie di ventuno storie brevi e successivamente una raccolta di poesie. Non credo che pubblicherò oltre, a meno che non mi prenda l’ansia intellettuale di dare alle stampe il complesso delle recensioni ad altri autori che ho realizzato nel corso delle mie visite a un sito letterario online. Si tratterebbe quindi non di una creazione ex novo ma del resoconto biografico della mia attività di talent scout. Amo sviscerare nelle pagine degli scrittori quel che di saliente, impegnato, coinvolgente, riesco ad individuare. E ho notato che molti affidano alle loro opere una gran parte, la parte più profonda di se stessi, e si aspettano di veder riconosciuto il loro sforzo. Perciò quando mi accorgo di non poter in alcun modo rilevare elementi stilistici e artistici apprezzabili, cerco comunque di evitare mazzate critiche, dando spazio alle briciole di positività che ci sono sempre anche nei lavori meno qualificati. Io non sono uno che può dare giudizi letterari professionali, valuto in base alla mia soggettività psicologica ed emozionale e non avvalendomi di un bagaglio culturale approfondito, che non ho, ma posso dire di aver ricevuto da un buon numero di scrittori da me recensiti risposte colme di meraviglia per le idee, i concetti e le astrazioni che avevo rintracciato nei loro testi e di cui loro non si erano minimamente accorti. E questo li aveva piacevolmente sorpresi, se non commossi, quando non addirittura esaltati. E’ stato il miglior premio che potessi chiedere alla mia attività non di critico, ma di revisore di libri altrui.
Noi di Vertigo Edizioni ringraziamo ancora Luigi Recami per averci dedicato il suo tempo e per aver percorso insieme a noi il cammino editoriale che ha portato alla pubblicazione del suo manoscritto ‘Il grullo del paese’.