Per chi ha desiderio di cambiare. Per chi desidera svincolarsi da quello che la società costruisce intorno a noi, sotto forma di lavoro, gruppo sociale e, arrivando alla sfera più intima, ambiente familiare. Per chi semplicemente vuole leggere un libro molto interessante dal punto di vista dell’analisi delle forme di intelligenza, di creatività e di valorizzazione personale, ‘La vita è come una tazza di tè’ di Elisabetta Di Lernia e Silvana Gay è una lettura più che indicata.
Noi di Vertigo Edizioni abbiamo intervistato una delle autrici, Elisabetta Di Lernia, per scoprire le motivazioni che hanno spinto lei e Silvana Gay a scrivere questo libro. Motivazioni, idee, progetti, aspirazioni …. tutti i retroscena utili per conoscere meglio loro e il testo.
Di seguito riportiamo l’intervista Elisabetta Di Lernia.
Come ha scelto il titolo del libro?
Quando Silvana Gay ed io abbiamo scelto il TITOLO DEFINITIVO, ovvero LA VITA È COME UNA TAZZA DI TÈ, il libro era già stato completamente strutturato e scritto, sottotitolo incluso, ossia: “ideazione, evoluzione, sviluppo, costruzione e realizzazione di un progetto di vita”. LA VITA È COME UNA TAZZA DI TÈ è una frase che abbiamo estrapolato da una storiella ebraico-zen inserita nel libro “HOMO RIDENS, la dimensione comica dell’esperienza umana”, del sociologo Peter Behrens. Nella storia si parla di un anziano Maestro, che impartisce consigli a un giovane novizio in procinto di partire per la sua prima missione: “ Ricordati figliolo, tienilo sempre bene a mente, LA VITA È COME UNA TAZZA DI TÈ”. Ma tempo dopo, al suo ritorno, quando il novizio interpella il Maestro per avere spiegazioni sul senso di quella frase, sulla quale si è a lungo arrovellato senza venirne a capo, con sua sorpresa si sente rispondere: “Io avrei detto quella frase? A ben pensarci .. FORSE LA VITA NON È COME UNA TAZZA DI TÈ!”. Ebbene ci è sembrato che questa frase ben si prestasse ad esprimere il significato tematico del libro, un significato che si sviluppa in maniera interrelata, dal “micro” al “macro”, lungo tutto il testo, e che si pone, come obiettivo iniziale, di delineare le infinite variabili e sfaccettature facenti parte dell’identità umana. Un’identità che non è qualcosa di fisso, ma che può cambiare, variare di continuo, trasformarsi tanto in meglio che in peggio. Può essere riempita e svuotata in modo confuso e maldestro oppure con lentezza, come centellinando una tazza di tè. Lo stesso vale per la teiera, ossia il contenitore che ha la funzione di versare il contenuto, di riempire la tazza. L’identità umana non è qualcosa di granitico ma è punto DI CONFLUENZA E DI CORRELAZIONE di più strade, vie, prospettive.
Quale messaggio ha voluto trasmettere?
Il messaggio che Silvana Gay ed io abbiamo elaborato sotto forma di assioma, e intorno al quale abbiamo sviluppato tutta la nostra tesi, tanto teorica che tecnica e pratica, è contenuto in una frase d’esordio del libro : “L’essere umano, sin dalle origini, vive la sua vita, spesso a livello inconsapevole, all’interno di numerosi progetti messi in moto da soggetti esterni: famiglia, società, scuola, lavoro, politica, cultura, economia, etc.”.
Un messaggio che comunica, senza giri di parole, che la maggior parte delle “prospettive culturali”, che in maniera diversa gli individui acquisiscono e tramandano nel corso della vita, sono ereditate. “Prospettive culturali” spesso date per scontate, essendosi ormai cristallizzate, nel corso tempo, nella memoria collettiva che puntualmente le ripropone con le stesse dinamiche. Per uscire da questo circolo vizioso occorre innanzitutto restituire alla creatività, che è il livello più alto dell’intelligenza, e all’immaginazione il loro ruolo fondamentale nella cultura umana. Immaginazione e visionarietà, per creare ed attuare nuove tipologie di progetti, per acquisire un nuovo senso etico e critico così da poter ipotizzare nuovi e futuri scenari costruttivi di vita e di identità umana e sociale, in modo da far diventare la Cultura del futuro “qualcos’altro”, aperta e multi-prospettica, un tutt’uno con il concetto di tutela, coscienza etica ed ecologista.
L’idea di scrivere un libro ‘a quattro mani’ è nata in un momento particolare?
Premesso che Silvana Gay è mia madre, gli argomenti trattati nel libro sono gli stessi che nel corso della vita hanno sempre animato i nostri dialoghi e le nostre discussioni. Interessi coltivati a livello personale poi confluiti in un confronto aperto fra noi con la messia in campo delle diverse esperienze di studi, di lavoro e di vita. Ne è nato un confronto costante, maturato negli anni, che è stato, anche, il confronto fra due generazioni. Con tutti i conflitti e le contraddizioni del caso. L’idea di dare forma alle nostre esperienze, di dar loro un ordine sistematico, e quindi di indirizzarle ad un obiettivo concreto, ovvero di condividerle con più persone, aleggiava già nell’aria, ma era ancora priva di una concreta volontà di attuazione. Anche perché l’idea di affrontare la sua realizzazione ci spaventava un po’, essendo ben consapevoli delle difficoltà cui saremmo andate incontro volendo usare un linguaggio semplice, accessibile a tutti, ma non semplicistico per esprimere la complessità. A farci decidere è stata una frase colta al volo nel corso di una conversazione fra genitori: “speriamo nelle nuove generazioni”. Una frase fatta, banalissima, ricorrente, ma per noi molto significativa del tentativo di accollare la risoluzione dei problemi alle generazioni future; è nata così l’idea di scrivere un libro a quattro mani e due teste, per mettere in discussione quest’atteggiamento passivo e prospettare altre strade attraverso le quali costruire una reale possibilità di cambiamento.
La prospettiva orientale è il risultato della nostra passione per le filosofie orientali e dei miei studi triennali di cinese ((lingua, storia, filosofia) presso il Cesmeo, Istituto internazionale di studi Asiatici avanzati.
Cosa le piacerebbe sentirsi dire dai lettori?
Dal 2014, data della prima edizione del libro, ad oggi, molte sono le riflessioni che i lettori ci hanno comunicato tanto di persona che attraverso i social.
Quello che più ci è piaciuto sentirci dire è che “si tratta è un libro utile, un testo educativo necessario”. E soprattutto che “dovrebbe diventare un libro di testo scolastico, per studenti di tutte le età”.
Molti lettori, in questi anni, ci hanno fatto sapere di aver divulgato il libro fra amici e conoscenti, di averne fatto dono a biblioteche sparse in tutta Italia, dimostrando in tal modo di aver compreso il senso del progetto.
C’è già un nuovo progetto in vista dopo la pubblicazione con Vertigo Edizioni?
Sì, due sono i progetti che vorremmo realizzare.
Il primo, ideato circa dieci anni fa, e realizzato in anni di lavoro, è un libro per l’infanzia. Illustrato da me con testi di Silvana Gay. Un progetto per il momento tornato nel cassetto, essendo stato visionato ed apprezzato da Mondadori, ma poi respinto dopo una giacenza di mesi, senza motivazioni.
Il secondo testo è un progetto ambizioso che decanta in noi da tutta una vita. Si tratta di un testo sull’Arte. Ma di quest’ultimo, per scaramanzia, al momento preferiamo non parlare.
Noi di Vertigo Edizioni ringraziamo ancora Elisabetta Di Lernia per averci dedicato il suo tempo e aver risposto con grande disponibilità alle nostre domande, a nome suo e di Silvana Gay. Auguriamo loro di ricevere il riscontro che desiderano per il loro ‘La vita è come una tazza di tè’ e di portare a termine con successo i loro progetti futuri.